I Bassifondi – Simone Vallerotonda
Cosa spinge un musicista ad aggiungere variazioni ad un brano? Tutti i frontespizi, gli avvisi al lettore posti in calce alle opere per tiorba, chitarra e liuto, oltre a dare indicazioni tecniche su come eseguire arpeggi, trilli, legati… invitano l’esecutore ad aggiungere diminuzioni e abbellimenti. Quale sia il limite, la misura, il buon gusto che consente di restare verosimili, senza stravolgere lo spirito del brano, è cosa delicata e sottile. Sul Bello e i suoi canoni, l’uomo s’interroga dal Seicento ad oggi, e nelle varie epoche ha cercato di stilare delle leggi universali in accordo con i mutamenti sociali e le correnti artistiche. Le infinite pieghe che può assumere una linea, le sue trasformazioni, sono un aspetto fondante su cui poggia l’estetica barocca. “Il non ripetere due volte la stessa cosa” è un memento che abbraccia ogni arte nel Seicento. La Natura non è mai uguale a sé stessa ed è in continua trasformazione, e l’uomo con la sua fragilità e limitatezza è consapevole del suo non essere più al centro del’Universo. Questo drammatico cambio di prospettive chiede all’atto creativo d’inserirsi in un flusso molto più grande, in eterno quanto effimero movimento. “Tutto scorre” insegnavano gli antichi maestri greci, e questo fluire, questo trasformarsi e ripiegare su sé stessi e fuori di sé, è ciò che in musica si traduce con le infinite possibilità in cui una melodia può essere riscritta e abbellita. Ogni danza dell’epoca diviene una tela su cui dipingere ogni volta con colori diversi, variando lo stesso materiale con sfumature infinite.
Simone Vallerotonda – tiorba, chitarra barocca, arciliuto e direzione
Stefano Todarello – sorellina, colascione, chitarra battente
Gabriele Miracle – percussioni
feat. Enrico Onofri, violin & Emoke Barath, soprano
A baroque journey in the eternal city
Le musiche in programma rievocano la vita musicale del ‘600 in ogni suo aspetto: dalle strade, dove i cantastorie improvvisavano semplici danze, agli oratori, dove il popolo si riuniva per ascoltare le sacrae historiae, alle raffinate esecuzioni di Palazzo Barberini, in cui musicisti come H. Kapsberger, G. Frescobaldi, M. Marazzoli erano a servizio. Un grande affresco in cui l’intera gamma dei suoni brilla nel suo spirito più originario, grazie al trio I Bassifondi.
Improvvisazioni, ritmi e bizzarrie armoniche sono i motori che porteranno l’ascoltatore indietro nel tempo, nella Città Eterna.
I Bassifondi – Simone Vallerotonda | ARCANA Outhere Music | In vendita dal 7 luglio 2017
Diretto da: Simone Vallerotonda, ARCANA Records, disco A435
Data di uscita: 7 luglio 2017
Simone Vallerotonda: theorbo, baroque guitar, chitarra battente
Josep Maria Marti Duran: colascione
Gabriele Miracle: Percussion
La Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola, pubblicata nel 1606 per mano di Girolamo Montesardo, fu un’opera che rivoluzionò in maniera radicale il modo di scrivere ed eseguire la musica per chitarra. Per la prima volta si proponeva un sistema assai pratico di notazione per chitarra: l’alfabeto. Esso consisteva nella corrispondenza di ogni accordo, sia esso maggiore o minore, ad una lettera. Questo semplicissimo modo di scrittura offriva la possibilità a chiunque possedeva una chitarra, amatore o professionista, di poter finalmente suonare una danza o accompagnare una voce, eseguendo le “lettere” poste sopra un semplice rigo, avente sopra indicato il ritmo. Il proliferare di opere stampate in notazione d’alfabeto, contenenti arie famose, bassi ostinati, danze, fu presto enorme. Questo “linguaggio” era il tratto distintivo dei chitarristi, espressione di una preziosa e variegata tecnica di rasgueado o meglio picco e repicco, in grado di realizzare ogni sorta di ritmo. Accanto all’alfabeto ordinario, i chitarristi solevano utilizzare una sorta di alter ego complementare: l’alfabeto falso. Esso raccoglieva gli stessi accordi dell’alfabeto ordinario, sporcati da acciaccature e note estranee all’accordo. L’idea di accordo come colore armonico fu così, per la prima volta, messa in pratica dai chitarristi italiani del primo ‘600, che ne fecero il loro elemento peculiare e unico.
The treatise Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola (“A newly invented tablature for playing balletti on the Spanish guitar”), published in 1606 by Girolamo Montesardo, radically revolutionized the way to write and perform guitar music. For the first time, an extremely practical guitar notation was proposed: the alphabet. It consisted in the correspondence between any chord, whether major or minor, and a letter. This simplified way of writing finally enabled any amateur or professional musician who owned a guitar to play a dance or accompany a voice, by performing the “letters” written on a single stave with superimposed rhythmic information. The proliferation of works printed in alphabetical notation, including favourite tunes, ground basses, dances, was soon enormous. This “language” – conveying a precious and varied technique of rasgueado (aka “picco e repicco”, or quick strumming) capable of realizing any kind of rhythm – was a distinguishing feature for guitarists. Next to the ordinary alphabet, they used to employ a complementary alter ego of sorts: the false alphabet. It included the same chords as the former, but “dirtied” with extraneous and crushed notes (acciaccaturas). The idea of using chords as harmonic colour was therefore, for the first time, put into practice by Italian guitarists of the early 17th century, who made it their peculiar and unique element.
Dopo il successo de “L’ultimo romano”, disco dedicato alla musica per arciliuto del 1718 di Giovanni Zamboni romano, Simone Vallerotonda con il suo “power trio” barocco I Bassifondi ci propone una novità assoluta: “Alfabeto falso”. Il debutto discografico dell’ensemble è dedicato alla musica per chitarra e tiorba del primo seicento italiano e spagnolo. Un repertorio sconosciuto caratterizzato da bizzarrie ritmiche e stravaganze armoniche, che sfidano l’odierno jazz. L’alfabeto ordinario era il sistema con cui i chitarristi dell’epoca segnavano gli accordi: ad ogni lettera corrispondeva un accordo. Nell’alfabeto falso però, le lettere graficamente segnate da un taglio, indicavano accordi ricchi di dissonanze spesso molto ardite. Il trio composto da chitarra/tiorba, percussioni e colascione, è la ricostruzione un ensemble seicentesco. Ritmi travolgenti, accordi sporchi, improvvisazione e diminuzioni sono i colori del loro sound. La bellezza e la sfida di questo disco, sta proprio nell’esecuzione che rispetta ciò che è scritto in partitura, e nella scelta degli arrangiamenti e dei timbri. Suona moderna e forse provocatoria, ma è tutta musica scritta attorno al 1640!